La posidonia è una pianta acquatica del Mar Mediterraneo. Le sue caratteristiche la rendono molto simile alle piante terrestri: ha radici, un fusto e foglie nastriformi lunghe fino ad 1 metro, unite in ciuffi di 6-7. Fiorisce in autunno e in primavera produce frutti galleggianti volgarmente chiamati “olive di mare”.
Essa forma delle vere praterie sottomarine che rivestono una grande importanza per l’ecosostenibilità marina, esercitando una notevole azione nella protezione della linea di costa dall’erosione; al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione.
Essa è dunque considerata un buon bioindicatore della qualità delle acque marine costiere ma, come tutte le piante, anche quelle marine perdono le foglie. I residui di queste finiscono sulle spiagge insieme con le alghe e diventano dunque rifiuti.
La presenza di tali rifiuti organici sono piuttosto abituali nelle località di mare e spesso causano a polemica sulla pulizia e lo smaltimento. Un problema che potrebbe trasformarsi in risorsa sia per l’ambiente e l’agricoltura, grazie al progetto sostenuto dall’Istituto di scienze delle produzioni alimentari di Bari, dal Consiglio nazionale delle ricerche (Ispa-Cnr) e dal comune di Mola di Bari.
Il progetto “Posidonia residues integrated management for ecosustainability (Prime)” ha l’obiettivo di sviluppare un modello di gestione ecosostenibile dei residui. Mira al riutilizzo dei residui di foglie e fusti che finiscono sulle rive come fertilizzante . Secondo diverse ricerche pare sia possibile trasformare i residui di Posidonia in fertilizzante. Ecco nuove prospettive per l’impiego in agricoltura di questi residui che confermano ancora una volta come la soluzione ai crescenti problemi sia il riciclo e il riutilizzo.