– Debora Billi –
30-40 anni e un fiume di miliardi per risolvere la questione Fukushima, sempre se ci si riesce. Con buona pace di “Il nucleare è tanto conveniente”.
Riporta Reuters che alcuni esperti hanno effettuato uno studio per tentare di stabilire gli step di chiusura della centrale nucleare di Fukushima, quella distrutta dallo tsunami del 2011 e di cui abbiamo tanto parlato. E’ stato il peggior incidente nucleare dai tempi di Chernobyl, e riuscire a capire come chiudere la partita è un problema impellente per il governo giapponese.
Anzitutto si dovrà trovare un modo per sistemare le barre esauste -e non- che si trovano ancora nelle sette piscine: si comincerà nel 2021 e l’intera operazione durerà la bellezza di 30 o 40 anni. Se si considera che il piccolo robot spedito nei meandri della centrale per esplorarla ha smesso di funzionare dopo pochi mesi, ed è tuttora disperso in combattimento e non si riesce a ritrovare, è comprensibile come agire all’interno di quel luogo pericolosissimo sia un’impresa titanica. Poi c’è la questione dei costi.
Il Giappone affronta un clean-up senza precedenti che, dicono gli esperti, potrebbe costare almeno 100 miliardi di dollari per il decommissionamento dei reattori, e altri 400 miliardi di dollari per risarcire le vittime e decontaminare l’area attorno all’impianto.
Ci sono grosse preoccupazioni inoltre, spiega l’articolo, riguardo la carenza della tecnologia necessaria, degli specialisti giusti, e soprattutto gli enormi fondi che un Giappone alle prese con i debiti dovrà reperire.
Ieri sera ascoltavo la Tv, e mi sono divertita a sentire Sallusti che ancora si lancia temerariamente a difendere l’energia nucleare “Perché è conveniente, è poco costosa”. Forse nei suoi conti ha dimenticato di inserire i decommissionamenti, che anche nel caso di centrali che non hanno mai subìto incidenti costano nell’ordine di parecchie decine di miliardi. Tutta’altro che conveniente. Ma d’altronde, ormai Sallusti è anche rimasto l’unico povero diavolo a difendere l’assoluta necessità della TAV (da cui tutti ora prendono le distanze… almeno per il momento).
Foto – Photopin
Tratto da: petrolio.blogosfere