World Water Day 2012: si celebra oggi 22 marzo la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 (la prima edizione fu nel 1993) per promuovere una gestione equa e sostenibile delle riserve idriche del Pianeta. Un appuntamento costellato da notizie incoraggianti ed altre meno, diffuse nei giorni scorsi nell’ambito del sesto Forum mondiale dell’Acqua di Marsiglia. Ad oggi 800 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile.

Il dato positivo riguarda gli Obiettivi del Millennio. L’Unicef e l’OMS hanno infatti annunciato nei giorni scorsi che per quanto riguarda l’accesso a riserve idriche sicure sono stati raggiunti. Ad oggi l’89% della popolazione mondiale, pari a 6,1 miliardi di persone, ha infatti a disposizione acqua dalla qualità sufficientemente alta da scongiurare malattie infettive ed intossicazioni da contaminazione delle falde. Percentuale che nel 2015 dovrebbe attestarsi al 92%.

Il report dell’OMS e dell’UNICEF Progress on Drinking Water and Sanitation 2012 ci racconta anche un’altra realtà meno rosea, sul fronte dell’accesso ai servizi sanitari. Entro il 2015 raggiungeranno appena il 67% della popolazione, mentre gli Obiettivi del Millennio puntavano ad una percentuale più ambiziosa, pari al 75%. Sembra impossibile, guardando il nostro Pianeta, ricoperto al 71% da oceani, pensare che ci sia scarsità idrica. Lo stesso se pensiamo alle alluvioni, alle bombe d’acqua che ci tormentano ogni anno con sempre maggiore intensità. In realtà, ben il 97,5% delle risorse idriche della Terra è costituito da acqua salata. Gli impianti di desalinizzazione hanno un costo elevato. Così ci ritroviamo a dipendere per lavarci, cucinare, irrigare e soddisfare la nostra sete dall’acqua dolce dei fiumi e dei laghi, che conta per l’0,3% dell’acqua dolce totale, dall’acqua di ghiacciai e nevi perenni (68,9%) e dall’acqua delle falde acquifere sotterranee che copre il restante 29,9%.

Anche se è importante risparmiare sui consumi domestici, così come puntare su nuove tecnologie di risparmio idrico anche a livello industriale, è l’agricoltura che attualmente assorbe la fetta maggiore di acqua per l’irrigazione. Pensate che alla produzione agricola è imputabile ben il 92% dei consumi idrici totali. L’industria incide per il 4,4%, mentre i consumi domestici per il restante 3,6%. Le coltivazioni inoltre causano (quelle convenzionali) la contaminazione delle falde acquifere a causa del percolamento dei fertilizzanti nel sottosuolo.

Per ridurre i consumi si può intervenire adottando metodi di irrigazione a risparmio idrico, come l’irrigazione a goccia che somministra acqua e fertilizzanti direttamente alle radici delle piante, risparmiando acqua e diminuendo l’inquinamento. In Cina non a caso stanno abbandonando i metodi più dispendiosi come l’irrigazione a pioggia, per allagamento e scorrimento, che causano la dispersione di molta acqua per via dell’evaporazione e del vento. Il Fiume Giallo sta fronteggiando una crisi idrica senza precedenti, a causa del sovrasfruttamento e della mancanza di piogge, ed il Governo sta intervendo proprio sull’agricoltura per ridurre gli sprechi. Inoltre, il costo dell’acqua è stato aumentato per convincere gli agricoltori a ridurre gli sprechi, incentivando d’altra parte le aziende agricole che adottano sistemi di irrigazione più efficienti.

Tornando ai consumi domestici, c’è grossa disparità tra i Paesi occidentali ed i Paesi in via di sviluppo. In testa troviamo gli americani che consumano mediamente 2.842 metri cubi d’acqua all’anno pro capite. Un cinese ne consuma mediamente 1.071 all’anno. Alla fine della classifica c’è il Bangladesh con appena 750 metri cubi d’acqua pro capite annui. In Italia consumiamo mediamente 215 litri al giorno. L’impronta idrica della nostra dieta è molto elevata. La water footprint è un indicatore che tiene conto dell’acqua consumata nell’intero ciclo di vita delle materie prime alimentari utilizzate per un piatto, dalla coltivazione al processo di trasformazione industriale alla preparazione dei cibi. La carne ha un impatto più alto di frutta e verdura. Un hamburger richiede 2.400 litri di acqua, un pomodoro 13, per fare solo un esempio. L’Italia è anche tra i principali importatori di acqua virtuale, ovvero importiamo molti prodotti che hanno un’impronta idrica alta. Importiamo 101 miliardi di metri cubi ogni anno. Gli Stati Uniti importano 234 miliardi di metri cubi.

 

fonte: http://www.ecoblog.it