Uno dei progetti di Norman Foster

Il Consiglio per l’Educazione di Abu Dhabi ha annunciato la costruzione, ad opera dell’architetto inglese Norman Foster, della prima città “verde” al mondo. Un ciclopico progetto ecologico nel deserto che lo scorso luglio è valso alla capitale degli Emirati Arabi l’attribuzione della sede dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA), l’organismo internazionale che punta a rafforzare la lotta contro il riscaldamento globale offrendo consulenza ai governi sulle questioni tecniche, normative e finanziarie legate alla produzione di energia da fonti rinnovabili nei paesi industrializzati e in via di sviluppo.
L’Agenzia insedierà il proprio quartier generale proprio a Masdar City, il polmone verde di Abu Dhabi progettato per funzionare senza energie fossili e senza produzione di rifiuti, che entro il 2017 dovrebbe essere abitata da 50 mila persone e altre 40 mila ci dovrebbero lavorare.

Masdar City sarà quindi l’eco-quartiere di Abu Dhabi, così come Dongtan sarà il fiore all’occhiello verde di Shanghai, la megalopoli cinese che nel 2010 ospiterà l’Esposizione Universale. Dongtan occuperà un’isola di pescatori e contadini nel delta dello Yang-Tze dalle dimensioni poco inferiori a quella di Manhattan e verrà realizzata con criteri ecocompatibili basati sulla mobilità lenta, la produzione agroindustriale sostenibile, l’autosufficienza energetica basata su vento, sole e biomasse, il riciclaggio completo dei rifiuti.

Le città verdi crescono quindi dall’altra parte del mondo, nel deserto, sulle isole, oppure dove la potenza della natura ha spazzato via tutto, come a Greensburg, la cittadina del Kansas rasa al suolo nel maggio 2007 da un tornado, che sfrutta la sua rinascita per convertirsi all’ecologia.
Ma nel nostro mondo di antichi insediamenti urbani, le città verdi stentano per ovvie ragioni storiche a prender forme omogenee, cercando spazi sparsi qua e là, prevalentemente riciclando le aree abbandonate dall’industria pesante.